recensione sull'Arte Neorupestre di Andrea Benetti - in occasione della mostra personale presso Tedofra ArtGallery - Bo - 22/01/2011 -

Il bagatto nell'atelier d'invenzione si fa carico di arguzia. È sapore di tradizione distante, invenzione e creazione assola, è rimando nei percorsi dell'oblio dell'immaginazione, di mondi e di forme ancestrali. È la ruota del tempo, centrifuga di storie vicine e lontane. L'artista traspone le premesse, la divinazione è compiuta, la preistoria è invocata. Con giudizio onirico stempera la pittura, muove per inerzia, con surreale accadimento. La sua mano calca la materia primordiale: le superfici di pietra, i segni netti e sfumati, riflesso di evi spatolati. I vetusti racconti l'archeologia di caverne, la custodia di storie infinite circoscritte nel tempo. L'arte è graffito disgiunto, ceralacca e raschiatoio, è processo di scrittura automatica. L'artista è un pittore delirante: l'arcano e la pergamena, la missiva intrisa di racconti, è la metafora amanuense, è il rito iniziatico, il medium ed il trance. Questa l'aura che traspira la superficie pigmentata: il contorno marca con il segno, con decorazioni di riquadri e rodonee, di rigide serpentine, le rappresentazioni specchi e dizionari di pittura. Le sue creazioni favole e bestiari, epiche creature di storie e miti, di anime fantastiche, di albatros e fluttuazioni di animali selvaggi, all'unisono contemplate e criptate sulla tela, nella materia che le riveste. Ogni opera è un enigma, un simbolo, altalena e stasi, un messaggio cifrato, un'esoterica vetrofusione. Le tele, tarocchi onirici, epistole e feticci totemici, speleologia moderna e opulenza del tratto, cavernicola visione. I graffiti sono segni netti e sfumati, rigogliosi di ovoidali, di cerchi e serpentine. Con silenzioso riserbo invocano creazioni di ominidi, rimandi ai rituali tribali. Il pennello varca la pietra con l'arte del suo fare, tragitti e sovrapposizioni, soggetti ed oggetti , incastri di meccanismi orditi. L'archeologia è accessorio ed utensile, pietra focaia e vegliardo lapidario. Gli arnesi del mestiere teatro nei tendoni delle tele: popolano ed investono le superfici, sono personaggi il fuoco ed il fumo, protagonisti la ruggine ed il reperto, antagonisti i carboni e le macerie. Le arse visioni tracciano fossili, evocano fragranze pastello, aromi sbilanciati, nuances affrescate, tisane ed effluvi di ocre, sfumature bronzee di pregevoli tavolozze e decori. Le forme quali eterne archeologie sono animazioni e traiettorie di veivoli nei perimetri degli spazi, automobili bighellone in volo, traversate sulle garze intelaiate, carte geografiche della preistoria, parabole di creazioni. Quest'arte minaccia gli ingranaggi della tecnologia, ed il finale recita che l'avvenire è Neorupestre!