Prenderà un piccolo telaio di carta tra le mani, ne farà uno spazio disegnato a carboncino, conterrà nella sua superficie l'immagine ritagliata dal contorno di un abbaino. Nella sua circoscrizione l'emergere di un fotogramma metropolitano, un negativo sviluppato all'imbrunire, un'eliografia stampata d'evanescenza. Un fondale o una pellicola ? Un passepartout o un boccascena ? Il perimetro o il confine ? Il suo ritaglio è un grafema urbano, una cornice che comprime la realtà, è un recinto d'incisione, uno scenario ed un grandangolo della visione. È la camera oscura, uno squarcio panoramico, è l'orizzonte su pergamena. Nel suo spazio nebbia nell'etere, comignoli a getto continuo, sequenze fumé. E' il mondo sfumato a monocromia, la tetra prospettiva, refolo relegato nello sfondo di una cartolina. E' il diario scritto con inchiostro nero, è un taglio arso di petrolio, tinto di corvino, è la chiave di volta delle sovrapposizioni degli elementi di una veduta. E' un'ombra scandagliata, un ritratto a combustione delle costruzioni, è il risuono di una rotaia, il riverbero di una folle città, l'eco e l'oblio del frastuono. E' un passo di un capitolo dove la visione di ciminiere verticali e distese di catrame orizzontale tagliano il foglio, tratteggiano di fuliggine il supporto, sono tracciati nell'estensione dell'atmosfera, uno zoom sullo scenario apocalittico vestito di nero. È teatro metropolitano, panorama cittadino e fotografia antropica, schizzo ed abbozzo, disegno e scrittura, è il movimento e la stasi dell'esperire la percezione. Nelle sue linee gamme di grigio, intense rette spatolate a carbone, segmenti sfumati tra i cretti, fughe tinte di tizzoni e crete antracite. E' il dizionario di un'estemporanea immagine cittadina, la geografia dell'incastro tra metallo e cemento armato, baricentro tra lembi di piazze e tetti adombrati, bivi e confini immersi nei rombi e nei boati, sono le ceneri sospese in un fermo immagine, le polveri di suoni e di silenzi di una stazione, pura metafisica priva di attese e di ritorni.